Se gli eredi, testamentari o legittimi, sono due ovvero una pluralità, tra loro si instaura la comunione ereditaria, i coeredi partecipano alla comunione in proporzione della loro quota ereditaria.
Ciascuno dei coeredi può chiedere la divisione. Quest’ultima può compiersi con le seguenti modalità:
- in via amichevole, qualora si raggiunga un accordo con tutti i coeredi;
- in via giudiziale, qualora i coeredi non riescano a trovare una soluzione consensuale. Nel caso ciascuno di loro per ottenerla può rivolgersi all'autorità giudiziaria. Il giudice provvederà alla determinazione dell'attivo e del passivo dell'eredità, disponendo la vendita di beni per il pagamento dei debiti ereditari e procedendo alla formazione delle porzioni da assegnare ai singoli condividendi.
La collazione è un istituto peculiare alla divisione ereditaria. Essa è, infatti, prevista e disciplinata dall'art. 737 capo II titolo IV del codice civile relativo proprio alla divisione ereditaria. La collazione è funzionale alla divisione dell’eredità ed ha lo scopo di aumentare la massa ereditaria da divedere
La collazione, come suggerisce l’etimologia latina della parola, indica l’atto con il quale i discendenti e il coniuge che accettano l’eredità conferiscono nell’asse ereditario (in natura o per imputazione) quanto ricevuto dal defunto in donazione. La collazione è obbligatoria per legge salvo che il donatario ne sia dispensato dal donante nei limiti della quota disponibile (ex art. 737, c. I, c.c..).
Presupposti giuridici della collazione sono: 1) esistenza di più eredi; 2) almeno uno di loro deve essere stato beneficiato dal de cuius con una donazione; 3) non sia stata fatta dal de cuius dispensa della donazione dalla collazione.
L’effetto pratico della collazione è che tutti i beni donati dai coeredi (detti collatizi) vanno ricondotti nella massa dei beni comuni, per poi procedersi alla divisione in proporzione delle rispettive quote legittime o testamentarie.
In dottrina esiste una vivace discussione sottesa a configurare la giustificazione della collazione: taluni sostengono che la scelta operata dal legislatore sia volta alla tutela di un superiore interesse familiare, tal altri ritengono che con la collazione il legislatore tenda a garantire quella che è la volontà del testatore (le donazioni fatte ad alcuno dei discendenti od al coniuge vengono considerate anticipazioni dell’eredità e non un’attribuzione preferenziale).
L’attribuzione dei beni, da ridistribuire per effetto della collazione, non avviene in parti necessariamente uguali, ma in proporzione delle rispettive quote.
La collazione opera non solo nel caso di successione legittima, ma anche in quello di successione testamentaria. In quest’ultimo caso resteranno aperta le questioni attinenti alla determinazione delle quota da destinare a ciascun erede.
La rinuncia alla qualità di erede costituisce l’unica maniera di sottrarsi alla collazione. Pertanto, eliminata la collazione con la rinuncia all’eredità, la donazione resta valida ed efficace, con il solo limite della intangibilità delle quote di riserva spettanti agli altri legittimari. Ne consegue, per ovvi motivi di opportunità, che il donatario, ogni qualvolta la donazione ricevuta ecceda il valore della quota che gli spetterebbe come erede, rinunci all’eredità.
Nel sistema del nostro codice civile, la collazione costituisce una fase della divisione ereditaria. Per tale motivo la giurisprudenza prevalente ha affermato che, per procedere alla divisione (ed alla collazione), occorre che ci sia un relictum (patrimonio del defunto al momento della sua morte) da dividere, e - addirittura - un relictum di significativo valore.
La dottrina, viceversa, ammette la collazione anche nel caso che, mediante le donazioni, il de cuius abbia esaurito tutto il suo patrimonio. La ragione di tale orientamento trova il proprio fondamento nel fatto che con la collazione si determina una massa da dividere.
Oggetto della collazione è tutto ciò che i coeredi abbiano ricevuto per donazione, sia direttamente che indirettamente, dal defunto. Il bene donato (sia mobile che immobile) deve esistere al momento della collazione. Rientrano nella collazione anche i frutti e gli interessi dei beni donati, maturati dalla data di apertura della successione.